C’era una volta un bambino molto povero che si chiamava Arlecchino e viveva con la sua mamma in una misera casetta. Arlecchino andava a scuola e, per Carnevale, la maestra organizzò una bella festa e propose a tutti i bambini della scuola di vestirsi in maschera. I bambini accolsero l’idea con molto entusiasmo: descrivevano i loro vestiti coloratissimi e bellissimi.
Soltanto Arlecchino, solo, in disparte, non partecipava all’entusiasmo generale; zitto zitto, in un angolino, sapeva che la sua mamma era povera e non avrebbe mai potuto comprargli un costume per quell’occasione!
Ma agli altri bimbi dispiacque vedere Arlecchino tanto triste, così ciascuno di loro decise di
portare alla mamma di Arlecchino un pezzetto di stoffa avanzata dai loro costumi colorati. La mamma lavorò tutta la notte, cucì fra loro tutti i pezzi diversi e ne fece un abito.
Al mattino Arlecchino trovò un bellissimo abito di tanti colori diversi. Così, alla festa della scuola fu proprio lui la maschera più bella e più festeggiata… e tutto questo grazie all’aiuto che i suoi compagni gli avevano dato. Così, la leggenda ci racconta, nacque il costume di Arlecchino.
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lunedì 20 febbraio 2017
sabato 4 febbraio 2017
Poesie di Carnevale di Gianni Rodari
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Viva i coriandoli di Carnevale
Viva i coriandoli di Carnevale,
bombe di carta che non fan male!
Van per le strade in gaia compagnia
i guerrieri dell’allegria:
si sparano in faccia risate
scacciapensieri,
si fanno prigionieri
con le stelle filanti colorate.
Non servono infermieri
perchè i feriti guariscono
con una caramella.
Guida l’assalto, a passo di tarantella,
il generale in capo Pulcinella.
Cessata la battaglia, tutti a nanna.
Sul guanciale
spicca come una medaglia
un coriandolo di Carnevale.
-Gianni Rodari-
Pranzo e cena
Pulcinella e Arlecchino
cenavano insieme in un piattino:
e se nel piatto c’era qualcosa
chissà che cena appetitosa.
Arlecchino e Pulcinella
bevevano insieme in una scodella,
e se la scodella vuota non era
chissà che sbornia, quella sera.
-Gianni Rodari-
Il vestito di Arlecchino
Per fare un vestito ad Arlecchino
ci mise una toppa Meneghino,
ne mise un’altra Pulcinella,
una Gianduia, una Brighella.
Pantalone, vecchio pidocchio,
ci mise uno strappo sul ginocchio,
e Stenterello, largo di mano
qualche macchia di vino toscano.
Colombina che lo cucì
fece un vestito stretto così.
Arlecchino lo mise lo stesso
ma ci stava un tantino perplesso.
Disse allora Balanzone,
bolognese dottorone:
“Ti assicuro e te lo giuro
che ti andrà bene li mese venturo
se osserverai la mia ricetta:
un giorno digiuno e l’altro bolletta!”.
-Gianni Rodari-
Il gioco dei se
Se comandasse Arlecchino
il cielo sai come lo vuole?
A toppe di cento colori
cucite con un raggio di sole.
Se Gianduia diventasse
ministro dello Stato,
farebbe le case di zucchero
con le porte di cioccolato.
Se comandasse Pulcinella
la legge sarebbe questa:
a chi ha brutti pensieri
sia data una nuova testa.
-Gianni Rodari-
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